Mi prende la mano, la stringe,
qualcosa nei suoi occhi mi somiglia. Dice, più seria e tenera di quanto
sarebbe necessario, Posso venire con te a casa tua? Se non devi lavorare
tantissimo.
Ha cinque anni e per via di mescolanze
etniche azzeccate è bella in maniera disarmante. È alta, ha uno sguardo
di sfida costante (sembra che non sappia guardare se non così), i
capelli corti e gli le iridi scure, eppure qualcosa nei suoi occhi mi
somiglia. Cresce in un quartiere bello e periferico, e di conseguenza
dice cose come: Sono contenta che non ti prendono in giro. Ma me sa che
nemmeno tu prendi in giro a loro, no? Perché è logico che se tu je meni a
uno poi quello pure te mena a te.
È una bambina logica.
Dice anche, Ma te veramente stai a aspettà un bambino? Ma se lo fai lo chiamiamo Mattia? E se fai un bambino ora che sei piccola è tuo o di zia Ada? E poi mi chiede, Perché ti sei sorrisa con quel ragazzo se non lo conosci?
Dice anche, Lo so che magari mò le case ormai sono tutte piene, ma quel barbone non può andare in un posto dove ci sono altri barboni, così magari diventano amici pure suoi e se la cercano insieme? Come te coi tuoi amici. Glielo diciamo?
Per dire che è sveglia, e che qualcosa nella sua svegliezza mi somiglia.
È una bambina logica.
Dice anche, Ma te veramente stai a aspettà un bambino? Ma se lo fai lo chiamiamo Mattia? E se fai un bambino ora che sei piccola è tuo o di zia Ada? E poi mi chiede, Perché ti sei sorrisa con quel ragazzo se non lo conosci?
Dice anche, Lo so che magari mò le case ormai sono tutte piene, ma quel barbone non può andare in un posto dove ci sono altri barboni, così magari diventano amici pure suoi e se la cercano insieme? Come te coi tuoi amici. Glielo diciamo?
Per dire che è sveglia, e che qualcosa nella sua svegliezza mi somiglia.
Mi racconta che ha lasciato il suo
fidanzato e per lasciarlo ha fatto, nell’ordine, le seguenti cose: non
ci ha giocato più, si è messa con n’artro, j’a sputato e poi j’a pure
menato. Sputi e menate a parte, le voglio così bene. Le chiedo se ha mai
preso il tram e lei rimane in silenzio. Mi dice di no, poi si corregge,
Forse me lo dovevi chiedere a casa, così te lo diceva mamma se era
vero, io non mi ricordo bene. Prima l’avevo sgridata per la storia di
dire bugie e ora non so se è polemica o se semplicemente mi ha presa
troppo alla lettera. Ma c’è qualcosa nei suoi occhi e le dico che non
importa, non importa. Poi glielo chiedo io a mamma, ora facciamo finta
che non ci sei mai stata?
Mi stringe la mano come se fosse importante, qualcosa nei suoi occhi mi somiglia.
Mi stringe la mano come se fosse importante, qualcosa nei suoi occhi mi somiglia.
Sul tram cerca di spiegarmi che se
arrivasse un altro tram dietro al nostro, insieme sarebbero un
dinosauro. Non capisco cosa sta vedendo. Se si toccano, mi
spiega di nuovo, un po’ in ansia. Sono confusa. Me lo spiega ancora
molte volte e alla fine, colpevolmente, le dò ragione anche se non ho
capito. Mi guarda e forse si arrende e poi dice, Mi sa che davvero non
ci sono mai stata sul tram.
A casa mia, con addosso il mio maglione
che le arriva ai polpacci e in sottofondo musica indifendibile, mi
costringe a disegnarle dinosauri per tutto il pomeriggio. Mi fai uno
cattivo? Mi fai uno che vola? Mi fai un tirannosauro? Mi fai quello con
le corna? Per qualche motivo che non afferro le fanno schifo quelli con
il collo lungo. Io non so disegnare, ma so ricopiare, cerco dinosauri su
internet e divento sempre più brava: alla fine il triceratopo spacca il
culo. Mi chiede se può dire a scuola che l’ha disegnato lei.
Ora però sentite: la bambina prende la
matita e mi chiede se può farlo lei, un disegno. Una coccinella. Una
lumaca. Una tartaruga. Io, prevedibilmente, approvo le sue scelte.
Quando arriva alla tartaruga la guardo disegnare una linea curva a
cupola, il guscio, e poi da quella iniziarne un’altra più allungata, il
collo. Quando chiude la seconda curva, alla base del guscio, di colpo
spalanca la bocca, gli occhi le si allargano di stupore e per un momento
non riesce a parlare. Mi dice, Guarda! Le dico che è bella. Mi ripete,
No, guarda! Io non capisco, la tartaruga è davvero bella e
proporzionata, le ripeto che mi piace. E lei dice, sempre più agitata,
Guarda il collo! Qualcosa mi sfugge.
E poi lei dice, Sembra veramente una tartaruga!
E poi lei dice, Sembra veramente una tartaruga!
Guardo la coccinella, che è solo un
cerchio con dentro tre cerchietti sbilenchi e troppo grandi, e la
lumaca, che è un ovale storto con due fili che escono a significare le
antenne, e poi guardo la tartaruga, che è perfetta, e questa volta
capisco.
Sì, sembra davvero una tartaruga, amore.
A scuola dicevano che non so disegnare, dice sottovoce, e continua a guardarla ancora un poco, ancora stupita. Io trattengo il pianto.
Sì, sembra davvero una tartaruga, amore.
A scuola dicevano che non so disegnare, dice sottovoce, e continua a guardarla ancora un poco, ancora stupita. Io trattengo il pianto.
Appena in tempo, prima che i suoi vengano
a riprendersela, capisco anche un’altra cosa: via Prenestina è piena di
salite e discese, il nostro tram stava su un piccolo dosso, e formava
una gobba. Se ne fosse arrivato un altro, dietro, dove la strada era in
piano, e se si fossero toccati, sarebbe stata la coda del dinosauro,
posata per terra, orizzontale.